Parliamo dello "European Public Prosecutor's Office"

 

Il Centro Studi “Paolo Giaccone”

incontra il

dott. Calogero Ferrara

Procuratore Europeo Delegato presso l’Ufficio EPPO di Palermo



Partiamo dalle “basi”: può spiegarci la funzione della Procura Europea e quanti Stati ne fanno parte?

La Procura europea nasce sulla base di una iniziativa che, dal punto di vista politico, risale almeno alla metà degli anni ’90, e che, tra gli alti e i bassi tipici dei negoziati all’interno delle organizzazioni internazionali, si inquadra, poi, nella disciplina finalizzata alla così detta “cooperazione rafforzata” di cui all’art. 86 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea. Questo lungo percorso si è concretizzato nel regolamento del Consiglio europeo 2017/1939 del 12 ottobre 2017 con il quale si attribuisce alla Procura Europea la competenza ad investigare, perseguire e portare in giudizio gli autori di reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea. Bisogna sottolineare che si tratta di un organo autonomo ed indipendente, un Ufficio Giudiziario a tutti gli effetti; non è un organo che facilita la cooperazione tra gli Stati membri, non è un Eurojust potenziato, ma è un ufficio di Procura a tutti gli effetti con una competenza sui 22 Stati membri che hanno deciso di aderire. Non hanno aderito, ad oggi e rispetto ai 27 dell’Unione europea, l’Ungheria, la Polonia, l’Irlanda, la Danimarca e la Svezia. 

Quali reati vengono perseguiti da questa Procura Europea?

Il Legislatore europeo non ha previsto una lista dei reati di competenza dell’Eppo; non è, per esempio, come la Direzione Distrettuale Antimafia delle Procure distrettuali in cui vengono attribuiti ben specifici reati indicati nell’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di Procedura Penale. IN questo caso si è voluta stabilire la competenza della Procura Europea sulla base di una categoria di reati, quelli che danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione europea. 
Quali sono questi reati? Sono quelli previsti in una Direttiva UE (la 2017/1371) detta “PIF” e le cui fattispecie possono aggredire gli interessi finanziari dell’Unione europea. Il Legislatore italiano, che a sua volta ha recepito questa Direttiva nel nostro ordinamento non ha elencato i reati, ma ha fatto riferimento a dei principi: questo per non limitare l’ambito della Direttiva stessa e darne ampio spazio anche in una ottica di armonizzazione generale. 
Quali sono i reati della Direttiva PIF? Il Legislatore stesso, agli articoli 3 e 4 della direttiva PIF prevede quattro categorie di reati: in materia di spese non relative agli appalti, in materia di spese relative agli appalti, in materia di entrate diverse da quelle derivanti dalle risorse proprie provenienti dall'IVA e in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall'IVA.
Ma date queste quattro categorie a quali reati corrispondono nel nostro sistema legislativo? Il Decreto legislativo 75/2020 che ha sostituito tutte le precedenti convenzioni PIF e modificato la disciplina dei vari reati, rendendola conforme alla disciplina dell’Eppo individuandoli ed individuando anche degli scaglioni di competenza. Per esempio nel novero dei reati tributari, nei casi di frodi IVA vi è competenza dell’EPPO se il danno ammonta almeno a dieci milioni di Euro e se la condotta è commessa in due o più Stati membri dell’Eppo. Poi vi sono i delitti di contrabbando, ma solo se ricorrono delle aggravanti specifiche (es. per valore), le condotte di riciclaggio e responsabilità degli enti giuridici, e così via. 

Come vi interfacciate con i singoli Stati durante la fase delle indagini?

La vera novità della nostra funzione è che noi non ci interfacciamo con i singoli Stati, ma siamo un Ufficio unico che opera contestualmente nei singoli Stati che hanno aderito alla Procura Europea. Vi è una sede centrale a Lussemburgo, ove vi sono il Procuratore Capo e 22 Procuratori europei nazionali che compongono il collegio dell’Eppo che ha, principalmente, funzioni direttive e strategiche. Infatti, in concreto le indagini le svolge il Procuratore europeo delegato che è un Magistrato in servizio attivo presso uno di questi Stati membri che da quel momento in poi svolge la sua attività di Procuratore, non come Procuratore della Repubblica ma come Procuratore europeo delegato. 
La giurisdizione e la competenza di Eppo è una competenza esclusiva e nazionale e questa è una assoluta novità per il nostro Ordinamento, perché non era mai stata prevista, ad es. neanche la Procura Nazionale Antimafia ha competenza nazionale, avendo solo un ruolo di coordinamento delle attività svolta dalle Procure Distrettuali. In questo caso, invece, abbiamo dei Procuratori che hanno una competenza nazionale che poi il Legislatore italiano ha articolato dal punto di vista organizzativo con delle competenze territoriali interne, ma non escludendo la giurisdizione nazionale. Se, ad esempio, una mia indagine da Palermo, dove ho la competenza organizzativa, mi porta a Torino - e dal punto di vista territoriale del giudice nazionale l’indagine rienytra nella competenza di Torino - il Procuratore europeo delegato rimarrò sempre io e non trasferirei a Torino la competenza dell’indagine. Questa è una grossa particolarità, così come è particolare il rapporto istituzionale con altri stati. Se infatti la mia indagine mi porta fuori dai confini, io non devo chiedere la cooperazione ad uno Stato diverso dall’Italia, ma posso avviare una cooperazione diretta con il PED del mio stesso Ufficio che opera in quel dato paese ed avviare una collaborazione per una precisa indagine: questo è il concetto rivoluzionario. Continuo l’esempio: nel corso di un’indagine in Germania io non dovrò emettere né ordine di indagine europeo né emettere rogatoria né altro, dovrò semplicemente aggiungere al team di lavoro il collega corrispondente a Berlino ed insieme potremo svolgere quella attività. 

...la sinergia tra i vari Stati, anche se a questo punto mi verrebbe da dire, tra i vari PED, è resa davvero funzionale ed è la Procura stessa che ne trae giovamento...

La mia idea è che da sempre la cooperazione internazionale per il contrasto alla criminalità organizzata è un elemento essenziale, e lo scambio delle informazioni e la comunicazione all’interno di indagini che non rimangono solo nazionali è già, di per sé, un dato imprescindibile; ancora di più lo è nell’ambito di crimini che già di per sé hanno una connotazione internazionale. In questi casi la cooperazione è l’aspetto caratterizzante e peculiare dell’attività di un Ufficio. Non solo la sinergia è funzionale ma direi è la stessa essenza di Eppo: vi è un’inversione di prospettiva nel concetto di collaborazione

Eppo e criminalità organizzata, quali  sono i risultati fino ad ora raggiunti, il  livello di impegno nei confronti della criminalità organizzata?

Di risultati di Eppo al momento, non se ne può parlare. L’attività è partita da poco e nulla esisteva prima che potesse essere assimilato all’Eppo. Vi è stata, quindi, una prima fase di creazione dell’Istituzione, di cura delle logistiche, degli aspetti organizzativi. Tuttavia, con riferimento alla criminalità organizzata il vero aspetto problematico potrebbe essere l’overlapping delle competenze tra le Autorità nazionali e l’Eppo. Abbiamo detto che Eppo è competente per i reati che danneggiano gli interessi finanziari dell’Unione europea ai sensi della Direttiva PIF, ma anche per i reati commessi dalle organizzazioni criminali il cui focus principale è uno dei reati della Direttiva stessa. Facciamo un esempio concreto: se l’organizzazione mafiosa ha tra i suoi obiettivi principali di aggredire gli interessi finanziari economici dell’Unione, per esempio ponendo in essere malversazione dei finanziamenti europei, allora si porrà un problema, perché da un lato l’Autorità nazionale potrebbe ritenere di procedere nei confronti del dato gruppo mafioso che tra i suoi vari interessi ha anche quello, dall’altro però vi sarà la possibilità per Eppo di intervenire a sua volta perché il reato, il focus dell’attività criminale, il core business, è un reato della Direttiva PIF, e là si pone il problema di regolamentare questo potenziale conflitto. Il Legislatore ha previsto delle regole, prevede, per esempio, che, se l’obiettivo principale dell’organizzazione criminale è uno dei casi individuati dalla Direttiva PIF, dovrebbe essere l’Eppo a prevalere per competenza, fermo restando che poi ha individuato, nella figura generale del Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, l’autorità giudiziaria competente a risolvere il conflitto. Il Legislatore ha previsto le regole, ma, a mio parere, sarà solo l’esperienza che potrà dirci come gestire la collaborazione nazionale e transnazionale.



Siglato Protocollo d'Intesa tra il Comune di Palermo ed il Centro Studi

 

 Lungi da vuoti formalismi, la data del 06/12/2021 può essere considerata come l'ennesimo passo in avanti del Centro Studi. Un passo che va nella direzione del concreto supporto al territorio, un supporto fatto di ascolto e presenza. Un supporto che, senza questo protocollo, sarebbe risultato monco; il protocollo infatti mira a creare una sinergia progettuale e comunicativa di ciò che, rispettivamente, il Comune ed il Centro Studi porranno in essere sul tema della legalità. 
Non è scontato che un Centro Studi, espressione di un sentire "privato", entri in relazione con l'Istituzione comunale, non è scontato ma così - almeno secondo il sentire dei membri del Centro Studi - è. Solo uniti si possono raggiungere risultati concreti su argomenti e temi così ampi ed impegnativi.

Ringraziamo l'Assessore Cinzia Mantegna e tutti coloro che hanno contribuito a questo primo ma importante risultato per il Centro (e, siamo sicuri, anche per il territorio).